Nuova Zelanda Capitolo 5: Sbarco sull’Isola del Sud

Written by passengerzero

12 Luglio 2017

La prima luce del mattino penetra attraverso le tendine che la madre di David ha cucito personalmente rispolverando gli attrezzi della sua vecchia attività di sarta. Apro gli occhi e, per un secondo, mi viene da chiedermi dove sono finito. Mi scappa un sorriso quando mi ricordo che ho comprato una vecchia auto e l’ho trasformata in un camper. Nonostante il freddo, la nottata è passata tranquillamente e non mi sono mai svegliato. Nutrivo dubbi sul fatto che sarei veramente riuscito a dormire decentemente su quel “letto” fatto di tavole di legno.
Il bello viene quando apro il portellone laterale per uscire. Siamo parcheggiati in un verde prato lontano da ogni cosa. Eccolo qui il vantaggio della nostra casa su ruote: ogni sera possiamo decidere che il giorno seguente ci sveglieremo in un posto magnifico, sempre diverso dal precedente.
Anche Marika si sveglia, così iniziamo a fare il letto e ad alzare e fissare il tavolino. Dopo esserci preparati, portiamo in cucina il necessario per la colazione. Mentre ci godiamo il nostro pane tostato con la Nutella e il nostro tè caldo, decidiamo la tabella della giornata.
Non abbiamo particolare fretta di imbarcarci sul traghetto per Picton, ma sappiamo che l’autunno ci viene incontro. È meglio scendere all’Isola del Sud al più presto prima che le piogge rovinino gli scenari che vogliamo contemplare.
Potremmo riuscire a imbarcarci il giorno stesso, ma, anche se Wellington non è lontana, abbiamo ancora circa settanta chilometri di sterrato da far passare. Con il nostro primo giorno di viaggio siamo giunti solo a metà della Forgotten World Highway.
Laviamo le nostre stoviglie, paghiamo il conto del campeggio (circa venti dollari) e ci mettiamo in marcia.
Sono euforico nel sentirmi di nuovo libero di viaggiare e, per giunta, su di un mezzo come la Whale.

Gli scenari della Forgotten World Highway continuano a ricordarmi il set di un film western. La via è un continuo saliscendi che ci porta ad attraversare diverse vallate dove il verde dei campi domina tutto e dove non c’è quasi traccia di insediamenti umani. Gli occhi sono sempre fissi sulla lancetta del carburante. Non voglio nemmeno pensare all’eventualità di rimanere a piedi quaggiù!
Dopo un paio d’ore ritroviamo la strada asfaltata e la civiltà nel distretto di Stratford. Il nostro tragitto ci porta ad incrociare il Mount Taranaki, la location del film L’ultimo Samurai. Oggi, purtroppo, le nuvole coprono la cima della montagna che somiglia moltissimo al famoso monte Fuji in Giappone.
All’altezza della cittadina di Hawera, ci spostiamo sulla costa e scendiamo verso il distretto di Wanganui.
Nel pomeriggio, arriviamo al piccolo villaggio di Paekakariki dove decidiamo di sostare. Dopo aver fatto rifornimento di carburante e di viveri, entriamo al centro informazioni per farci un’idea sulle sistemazioni per la notte nell’area di Wellington. I prezzi dei camping in città sono piuttosto alti e alcuni hanno recensioni orribili, così optiamo per un programma alternativo. Quella notte la passeremo nel camping di Paekakariki e l’indomani in mattinata proseguiremo per Wellington in tempo per salire sul traghetto. La tappa in cui ci fermeremo a visitare la capitale è stata fissata per il ritorno, perciò non ci importa di dormire in città.
Il campeggio è molto ben organizzato e pulito. La cosa che preferisco è che c’è una specie di parco giochi con un grande tappeto elastico aperto a tutti i clienti… Anche agli over trenta! Dopo aver rimbalzato allegramente, Marika ed io ci facciamo una doccia e ci prepariamo per la cena.
Siamo partiti da soli due giorni e tutto sembra andare a meraviglia, ma c’è una cosa che mi preoccupa. Nonostante la Whale abbia passato la revisione, una delle gomme è visibilmente consumata, a tal punto che si intravede la rete sotto il pneumatico. Dovrò presto trovare un gommista che non mi faccia spendere una fortuna.
Dopo la cena ci rechiamo nella stanza comune del camping dove possiamo ricaricare tutti i nostri dispositivi e dedicarci alle chiamate Skype con i familiari.
Con lo scendere della sera, si fanno vive quelle che saranno, contro la nostra volontà, le nostre compagne di viaggio per un bel po’: le stramaledette sandflies. Si tratta di un insetto tropicale, simile a una piccola mosca, che ha l’odiosa abitudine di mordere e succhiare sangue (quello umano è compreso nel menù). A differenza delle zanzare, le sandflies non fanno alcun rumore e non ci si accorge di essere stati punti fino a qualche istante dal morso. È solo allora che inizia un fastidioso prurito che permane per giorni. Questa volta riusciamo a tenerle fuori dalla macchina, ma assaggiamo qualcuna delle loro punture prima di sigillarci nella Whale.
L’indomani ci svegliamo di buon’ora. Mentre preparo la colazione, mi diletto a chiacchierare con alcuni ospiti del camping. Una coppia neozelandese mi riempie di complimenti per la mia impresa di girare il paese su un mezzo fai da te. Sto quasi cedendo alla vanità quando un uomo di fianco a me si presenta e mi racconta che arriva dall’Inghilterra… In sella ad una bici! Lui e la sua partner vogliono completare il giro del mondo in bicicletta. Hanno già viaggiato attraverso molti paesi. Ogni due anni di lavoro si prendono una pausa per completare un nuovo pezzo di mondo. Di fronte alla loro storia la mia vanità non può che “tornare nei ranghi”. Mi complimento con il giovane e sto ad ascoltare i suoi racconti mentre mangio il mio porridge. Finita la colazione, raccolgo le mie stoviglie e torno alla Whale. Dopotutto, anche io ho il mio bel pezzo di mondo da esplorare!
Paghiamo il conto del campeggio e ci rimettiamo sulla via per Wellington. Non abbiamo nessuna fretta visto che il traghetto che abbiamo prenotato non partirà prima dell’una del pomeriggio.
Ci buttiamo sulla State Highway 1 che dalla costa occidentale ci spinge verso la Fitzroy bay. Molte delle persone che ho conosciuto nell’ultimo anno hanno vissuto a Wellington almeno per un po’. Stando alle loro descrizioni, la città è decisamente più piccola rispetto ad Auckland e molto più europea nello stile e nell’atmosfera. Appena svoltiamo sul litorale, vediamo la capitale adagiata su alti e ripidi rilievi a strapiombo sul mare. Prendiamo l’uscita del centro e scendiamo nelle vie cittadine. Le strade sono molto strette e tortuose per trattarsi di una capitale. L’architettura, a prima vista, sembra più classica rispetto ai moderni grattacieli di Auckland.
Arriviamo vicini al porto e ci fermiamo in un supermercato per fare il pieno di viveri. Siamo in netto anticipo rispetto alla partenza, ma decidiamo comunque di recarci al terminal per ritirare i nostri biglietti. Raggiungiamo la banchina e ci sorprendiamo di non essere i primi arrivati. Ci sono già due file di veicoli in attesa del traghetto. Una è dedicata alle auto e l’altra ai camper.

Ci fermiamo davanti ad un gabbiotto dove un giovane ci chiede il numero di prenotazione. Al momento di rilasciare i pass, l’addetto è in difficoltà. Qui si pone un dilemma importante: che cos’è, effettivamente, la Whale? Un camper oppure un’automobile?
Il ragazzo si lascia ammaliare dal nostro salottino allestito sul retro e ci manda in fila con i camper. Non passano cinque minuti che un suo collega viene a bussarci al vetro invitandoci a fare retromarcia e a sistemarci in coda con le automobili. Nonostante l’arredamento, le dimensioni della Whale sono ancora quelle di un’auto. Ci accodiamo agli altri e, per ingannare l’attesa, decidiamo di prepararci dei panini. Scendo e apro il portellone del baule. Fisso il banco e mi metto a tagliare la grossa baguette che abbiamo appena comprato. Quando ho finito, passo il tutto a Marika che, sul tavolino interno, si occupa della farcitura. Intorno a noi tutti ci guardano divertiti. Sono sicuro che qualcuno ci stia deridendo dal suo camper di due piani, ma so bene che altri, in qualche modo, ammirano lo stile minimalista e approssimativo della nostra Whale. Dopotutto, questa è un’avventura!
Incartiamo i panini e, poco dopo, vediamo arrivare il traghetto. Il ponte di poppa viene abbassato, così iniziamo l’imbarco.
Seguiamo la fila attraverso le strette rampe e parcheggiamo in stile “tetris” tra una miriade di altri veicoli.
Lasciamo il nostro mezzo e saliamo alla zona passeggeri dove ci sono un grande ristorante e un’area cinema in cui è possibile guardare film su maxischermo. Rimango convinto che il vero spettacolo verrà proiettato di lì a poco direttamente sui grandi finestroni che danno sul mare. Prendiamo posto vicino ad un’uscita che collega con il ponte.
Il battello lascia la baia e, dopo circa un’ora di mare aperto, vediamo comparire i primi lembi di terra dell’Isola del Sud. La rotta prevede un passaggio tra le insenature delle isole e penisole che caratterizzano la frastagliata costa nordorientale. Tutto ciò mi suona come un tour in mezzo a paesaggi da cartolina. Ci armiamo di fotocamere e videocamera e usciamo all’esterno. Ci dividiamo sui due lati dell’imbarcazione per non perderci nulla. Quest’Isola del Sud promette bene!
Distese di versi pascoli e pinete scendono dalle colline per specchiarsi nell’acqua blu del mare. Lo spettacolo fa sembrare un lampo le due ore di traversata che ci restano.
Arriviamo al porticciolo della piccola Picton a pomeriggio inoltrato. Lasciamo la nave e puntiamo subito in direzione del Nelson Lakes National Park. La State Highway 63 assomiglia più ad una drittissima strada di campagna che ad una vera e propria autostrada. Un’infinita striscia d’asfalto si perde nella sterminata pianura costeggiando il Wairau River. Solo i lunghi filari dei vigneti spezzano il panorama di campi verdi e di montagne sullo sfondo. Proseguiamo attraversando la zona di Marlborough, famosa per i suoi vini pregiati.
Arriviamo al paesino di St.Arnaud all’imbrunire. Ci fermiamo per chiedere informazioni. Un signore che sta cercando il suo cane per le vie del villaggio ci parla di molte aree campeggio all’interno del parco. Tuttavia, se non ci muoviamo, rischiamo di non trovare posto. È in corso un raduno di appassionati di barche che terranno una parata sul lago il giorno seguente. A quanto pare, quest’evento ha attirato molte persone da tutto il paese.
Ringraziamo e ci precipitiamo sulla riva del lago Rotoiti. Effettivamente, qui, ci sono un sacco di camper e tende. Qualcuno ci dice di aver provato a cercare un posto senza successo. Stiamo per rimetterci in marcia verso gli altri campeggi quando veniamo distratti da un panorama mozzafiato. Dalla riva del lago si scorgono due grandi vallate di alte montagne che si tuffano nel lago generando una profonda insenatura che sembra un fiordo. Nonostante stiamo rischiando di non trovare un posto per la notte, decidiamo di fermarci a fotografare il tutto.
Il panorama è così pittoresco da distrarci dalle dannate sandflies che banchettano allegramente sulla nostra pelle. Nel tornare alla Whale, incontriamo una station wagon carica di ragazzi e ragazze francesi poco più che ventenni che stanno cercando un luogo dove accamparsi. Proseguiamo insieme a loro verso il prossimo camping.
Attraverso una tortuosa stradina di terra battuta arriviamo ad un posto di blocco dove i guardaparco distribuiscono gli ultimi permessi. Quando abbasso il finestrino per pagare, mi accorgo di quanto gli insetti saranno un problema da queste parti. Uno sciame di sandflies e bumblebees (fuchi), invade l’abitacolo. Mi riesce difficile persino parlare e tenere gli occhi aperti con questo ronzante delirio che mi vola intorno alla faccia. Prendiamo i nostri permessi e ripartiamo. Cerco di scacciare gli insetti mentre Marika spruzza repellente a profusione. La Whale si trasforma in una camera a gas aromatizzato alla citronella.
Svoltiamo nello spiazzo indicatoci e parcheggiamo nell’unica piazzola libera tra gli alberi.
Il campeggio è basico. Ci sono dei servizi con doccia senz’acqua calda e un’area comune con banchi per cucinare e alcuni tavoli. Nella struttura container della cucina ci sono solo due lavandini e ognuno deve usare il proprio fornello da campo. Sono tentato di cucinare direttamente sul piano posteriore della Whale, ma i maledetti insetti mi fanno desistere. Stacco la bombola e il fornello e li porto all’interno del container.
Marika ed io mangiamo insieme ad altre persone barricati nella cucina, al riparo dalle sandflies.
Il calar della sera mette a dormire gli insetti e ci lascia liberi di riportare le nostre stoviglie alla Whale dove possiamo cambiarci i vestiti.
Ormai è buio, ma dopo una giornata intera al volante sento il desiderio di sgranchirmi le gambe. Prendo la mia torcia e invito Marika a fare una passeggiata sul sentiero che porta al lago. L’oscurità della notte senza luna è densa. A stento riusciamo a vedere cosa c’è intorno a noi. Ora che siamo lontani dal campeggio, anche i rumori non ci raggiungono più. Spengo la torcia e alziamo gli occhi. Lo spettacolo è meraviglioso. Le stelle sembrano vicinissime e lucentissime sulla tela nera del cielo. Si riesce a distinguere molto bene la via lattea e riconosco immediatamente la costellazione della croce del sud che è raffigurata sulla bandiera neozelandese.

Dalla mia tasca estraggo un pacchetto di sigarette che mia cugina mi ha fatto arrivare come souvenir dall’Italia (ho parenti molto particolari). Sulla carta che avvolge il pacchetto ci sono le firme di tutti i miei amici di casa. Non sono un fumatore, ma, stando attento a non danneggiare la carta, ne estraggo una e la accendo. La fumo lentamente, come in una specie di rito per celebrare lo spettacolo della notte sul Nelson Lake e l’inizio del nostro viaggio nell’Isola del Sud.

 

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

You May Also Like…

La piccola Italia

Personalmente, nemmeno da molto tempo, ho fatto pace con le mie origini. Ho fatto a pugni molte volte con le mie...

Categorie

x  Powerful Protection for WordPress, from Shield Security
Questo Sito È Protetto Da
Shield Security