Bloccato as Haast – disavventura nell’isola del Sud

Written by passengerzero

11 Dicembre 2019

Si parte!

 Lake Pukaki

Che il viaggio non promettesse nulla di buono, o di facile, era chiaro sin dall’inizio. L’estate che sembrava essere definitivamente esplosa nonostante le cime innevate delle montagne intorno a Wanaka era durata poco e da un paio di giorni avevo riesumato dall’armadio la mia fedele giacca a vento comprata al mercatino dell’usato. Tuttavia, il giorno che abbiamo trasferito i furgoni e l’equipaggiamento fino a Christchurch, la giornata era stupenda al punto che all’altezza del Lake Pukaki, mi sono fermato a scattare qualche foto. Il Mount Cook sembrava uscire direttamente dall’acquaturchese e svettare nel cielo azzurro. Uno spettacolo bellissimo che avrebbe fatto da cornice all’ultimo giorno di sole per un bel po’ di tempo.

I miei due colleghi ed io ci sistemiamo a Christchurch la sera prima di incontrare gli ospiti. Si tratta di un trip piccolo: solo 8 ospiti e tre guide, di cui io che sono in modalità “support” (mi occuperò della parte più logistica e non dovrò stare nello stesso albergo col resto del gruppo; ergo, avrò le serate libere).

                                 Castle Hill (Kura Tawhiti)

Andiamo a dormire presto e ci svegliamo di buon’ora. I due leader vanno a prendere la combriccola all’hotel mentre io guido dritto verso Castle Hill dove faremo la prima hike. Il gruppo arriva e ci mettiamo in marcia che pioviggina appena. Il posto è veramente meraviglioso e le rocce arrotondate sembrano una sorta di templi naturali. È piuttosto evidente perché questo fosse considerato un luogo sacro dai Maori. Il Dalai Lama, in visita qui nel 2002 ha persino definito Kura Tawhiti (nome Maori) “il centro spirituale dell’universo”.
Finiamo la nostra camminata dopo due ore, giusto in tempo prima che il vento si alzi portando una pioggia battente. Rientriamo nei furgoni e guidiamo circa un’ora e mezza fino ad Arthur’s Pass che non è un posto famoso per essere soleggiato…
Lascio gli ospiti e i leader all’hotel e guido con i tergicristalli al massimo fino al piccolo paesino prima del passo dove mi sistemo in un motel. La mia cabina si trova nel mezzo del bosco ed è un appartamentino piuttosto basico. L’atmosfera,

                          Arthur’s Pass_Alpine Lodge

il clima e il posto mi fanno sentire come uno dei pionieri giunti quassù per cercare l’oro… se però penso che quei poveretti non avevano nemmeno elettricità e riscaldamento mi viene da rabbrividire.
Per il resto della giornata e per tutta la notte la pioggia continua a battere incessantemente sul tetto e sui vetri della cabina. Scrivo un po’, guardo un documentario anni ’80 sulla Nuova Zelanda e mi cucino una pasta con le provviste che ho con me. Avendo dimenticato di comprarlo, mi diventa chiara l’importanza dell’olio d’oliva.

Arthur’s Pass

Mi sveglio presto e ho tutto il tempo per i rituali mattutini e per prepararmi una colazione. Esco nella pioggia gelida che non ha smesso di tormentare l’Arthur’s Pass nemmeno per un minuto. Salgo sul van e percorro l’unica via del paesino di sessantacinque anime che vivono nel cuore della vallata. All’unico negozio, oltre ai giornali, ai prodotti per la casa, e alle torte di carne, vendono anche il caffè… ma è chiuso.  Torno sui miei passi e tiro dritto fino all’hotel degli ospiti. Passo di fronte a un gregge di pecore dietro una staccionata e noto che degli agnelli stanno seguendo il furgone. Non resisto: scendo,  mi fermo, e gli vado incontro… si mettono a farmi le feste come dei cagnolini (clicca qui per il video e non giudicare le mie vocine!). Dopo averli strapazzati un po’ mi rimetto in marcia. I leader stanno illustrando la giornata agli ospiti nella lobby. Raccolgo l’equipaggiamento e mi preparo a trasportare tutta la crew all’inizio della camminata.

Baeley Spur Hut

Siamo tutti avvolti nelle nostre giacche anti pioggia, i più saggi hanno anche pantaloni impermeabili e scarponi isolati. Io sono in pantaloncini e ho le scarpe basse… facevo prima a venire direttamente in costume da bagno!
In circa tre ore arriviamo ad un piccolo rifugio di lamiera dove ci rintaniamo per mangiare i panini che abbiamo portato. Più che gente in vacanza sembriamo un plotone di commandos! Qualche topolino ci guarda curioso dalle travi in legno che sorreggono il soffitto. Nonostante la situazione, gli ospiti la prendono sul ridere… dopotutto erano venuti in cerca di avventura! Una volta finito di pranzare, uno dei leader scende con i primi che mollano mentre io e la mia collega proseguiamo per un’altra ora e mezza fino alla cima. Non conosco la strada e seguo lei che mi precede a cento metri con il gruppo dei più veloci. Ad un tratto una nuvola ci inghiotte. Perdo di vista sia la collega che il sentiero. Gli ospiti che ho con me mi seguono fiduciosi e, sebbene con una via un po’ alternativa, arriviamo in cima. Non è proprio il panorama che ci si aspettava sfogliando il depliant, ma la soddisfazione fa il suo e ci mettiamo a scattare foto. Sulla via del ritorno le nuvole più basse si aprono e lasciano intravedere la vallata… capita si sentirsi piccoli di fronte a certe immensità.

Vista sull’Arthur’s Pass

Sulla via del ritorno allunghiamo il passo, abbigliamento impermeabile o meno, siamo ormai tutti bagnati fradici. Le mie scarpe sembrano due spugne che buttano fuori acqua quando pesto il piede a terra e ne risucchiano altra quando lo sollevo; i  pantaloncini sono zuppi e nemmeno le mutande si sono salvate. Mi fermo per ultimo per supportare un signore che fa fatica. Dopo circa sei ore dalla partenza, risaliamo sul furgone e quello sarà l’unico momento della giornata in cui non saremo stati sotto la pioggia.
Riaccompagno tutti in hotel, mi congedo e torno alla mia cabina ad Arthur’s Pass dove inizio il processo di asciugatura abbracciato al calorifero.

 

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