Per quasi dieci anni ho lavorato nelle vendite e ricordo ancora molto bene le mie giornate passate tra le visite ai clienti e i meeting. Era un lavoro che mi piaceva, soprattutto per la sua dinamicità e per il fatto che ho da sempre preferito la strada alla scrivania. Solitamente Iniziavo la giornata di buon umore quando mi mettevo in macchina con la radio accesa e iniziavo a macinare chilometri osservando attentamente ogni luogo che mi proponeva il parabrezza. Mi piaceva l’idea di incontrare persone e, anche se il contesto era lavorativo, riuscivo sempre a intrufolare qualche argomento personale che mi portava a collezionare, oltre alle commesse, anche qualche storia interessante.
Non sono mai stato uno “squalo” delle vendite e quel lavoro non mi ha reso ricco ma mi riusciva piuttosto bene sebbene credo avesse dei grossi limiti rispetto a ciò che volevo veramente. Sono stato in molte città e percorso un milione di strade ma non ho mai avuto il tempo di fermarmi e “connettermi” veramente a quei luoghi. Molte volte, di ritorno da una giornata, prendevo un’uscita a caso dall’autostrada e rientravo passando per strade secondarie che potevano offrirmi un panorama migliore o semplicemente che mi portavano nelle vie di qualche paesino dove potevo vedere come la gente vivesse da quelle parti.
Ora di sera avevo già incontrato molte persone ma, come per i luoghi, non c’era molto tempo per “connettersi” ad un livello personale; alla fine rientravo a casa soddisfatto, ma solo a metà. Quante volte ho pensato guardando le montagne in lontananza: «Questo lavoro sarebbe perfetto per me se, al posto che finire a visitare un’azienda o un punto vendita, finissi in mezzo a quei boschi… ma d’altro canto che ci andrei a fare se non a tagliare la legna?!»

Non avrei mai pensato di trovare qualcosa che sintetizzasse la mia curiosità per il mondo con una professione… invece eccomi qua a scrivere da una casetta in Nuova Zelanda tra mappe, libri di storia del luogo e allenamenti, per prepararmi a mostrare tutto questo ad altri viaggiatori. Lo ammetto, sono ancora nella fase “luna di miele” con questo lavoro, perché la mia personalità e i valori che mi guidano in questo momento sono qui ben rappresentati. Tieni conto però che ciò che scrivo deriva da un’esperienza prettamente personale, perciò prendi la mia opinione con il dovuto relativismo. Al posto che fare una lista di ciò che mi piace o meno di questo lavoro ho preferito cercare di rispondere alle domande più comuni e più legittime che mi sono state poste da amici e conoscenti.
Che lavoro fai? Sono un paio d’anni che non so rispondere con precisione a questa domanda. Mi verrebbe da dire che sono una guida o un accompagnatore turistico, come c’è scritto sul contratto, ma in questo caso una risposta del genere sembra molto vaga e non credo renda veramente giustizia al tipo di attività che svolgo.
Che differenza c’è tra accompagnatore e leader? Essere trip leader per Backroads non è semplicemente portare della gente in vacanza, si tratta piuttosto di prendersi cura di un gruppo di persone che ricerca l’avventura ma che si aspetta anche di farlo in sicurezza ricevendo, allo stesso tempo, un livello di customer service molto elevato. Mediamente le singole partenze possono prevedere gruppi di ospiti che vanno dalla coppia fino a superare la ventina di persone e si tratta quasi sempre di gruppi eterogenei (cultura, età, aspettative e forma fisica). Queste persone e i loro trip leader passeranno l’intero periodo del viaggio insieme, sin dalla partenza per le attività di mattina fino alla cena (salvo serate libere). Il trip leader è il punto di riferimento non solo per il gruppo che guida, ma anche per i vari contractor (hotel, alberghi ristoranti, guide locali, etc.). Deve saper rispondere alle più svariate problematiche che vanno dal capriccio del singolo ospite alla gestione di incidenti più o meno gravi. Per far funzionare una cosa del genere non basta essere accondiscendente e avere un bel sorriso… bisogna possedere, o comunque sviluppare, una vera leadership: bisogna saper ascoltare, mediare, rispondere ai problemi cercando il beneficio del gruppo rispetto a quello dei singoli e, in alcuni casi, bisogna essere capaci di dire di no. In questo lavoro ho imparato che c’è una bella differenza tra accompagnare e guidare. Il lavoro del trip leader non finisce con la conclusione della visita al tal luogo o con la fine dell’attività del giorno e spazia tra una serie di situazioni e scenari degni di un manuale di sociologia.

Ma quindi, dove andrai a lavorare quest’anno? La risposta più professionale sarebbe “dove serve”, mentre quella più ovvia è semplicemente “non lo so”! Ci sono circa 700 Trip Leader sparsi in regioni che coprono praticamente tutto il mondo, ognuno di noi può inserire le proprie preferenze sull’area e sul tipo di viaggio che predilige ma accontentare tutti è inverosimile. Ovviamente la disponibilità in termini di tempo è rispettata (con delle restrizioni dovute al picco delle stagioni), ma non esiste una disponibilità di luogo. Se decidi di far parte del gioco metti nella valigia la giacca a vento e le infradito, potrebbero servirti entrambi!
Ma, quindi, quando torni? La disponibilità la decidi tu, i giorni di ferie possono essere chiesti prima dell’inizio della stagione e di solito non ci sono problemi anche se il principio è “più sei disponibile, più ti sarà dato”. Per quanto riguarda l’ultimo giorno di lavoro di ogni stagione è variabile all’interno della disponibilità che hai comunicato.
A che ora finisci? Ecco un’altra domanda a cui non si può davvero dare una risposta. Tutto dipende dal tipo di viaggio, dal tipo di attività del giorno e dalle infinite possibilità di imprevisti e contrattempi. Il lavoro è quanto di meno monotono possa esserci e ci si diverte un bel po’, ma non è uno scherzo… le giornate sono lunghe, intense e si deve essere pronti a tutto (non mi sono mai fatto un mazzo simile in nessuno dei lavori che ho avuto prima). Di solito durante una stagione non sia ha molto tempo libero e durante un trip quest’ultimo è solo un miraggio. È proprio per questo che bisogna essere saggi nel gestire la disponibilità e il tempo libero tra una stagione e l’altra.
E la paga com’è? Non do informazioni riguardo le cifre, anche perché, come vedremo, variano sensibilmente in base al lavoro svolto. Basti sapere che la paga è corrisposta mensilmente e riguarda la liquidazione delle ore lavorate più le varie indennità previste dal contratto francese (nel caso dei leader europei). Oltre allo stipendio ci sono una serie di benefit interessanti: quando si è in viaggio si sta negli alberghi e si ha lo stesso trattamento riservato agli ospiti (parliamo di solito dei migliori hotel e ristoranti che il mercato abbia da offrire). Per quando si è “off trip” (giorni di riposo tra un tour e l’altro), l’azienda mette a disposizione una o più case equipaggiate con tutto quello che serve; i mezzi aziendali e le bici sono a disposizione dei leader anche per uso personale (quando la stagione lo permette e con le dovute restrizioni); ci sono bonus per il cibo e per le spese sostenute quando si lavora e non si mangia in alberghi o ristoranti. In parole povere: durante la stagione le spese per il proprio sostentamento sono molto ridotte.

Ma quindi c’hai il posto fisso? Più o meno, almeno finché faccio il bravo. Il contratto non è a tempo indeterminato; si tratta di un contratto stagionale e la paga non è fissa ma dipende dai giorni lavorati. Questo fa capire quanto questo lavoro sia flessibile: posso lavorare quando e quanto voglio ma non ho uno stipendio fisso. E allora perché parlo di “posto fisso”? Perché Backroads è una compagnia americana in cui, come in molte altre da quelle parti, si è misurati per performance. I riscontri non arrivano solo dagli ospiti ma anche dai colleghi e riguardano tutti i criteri che si mettono in campo. Ci sono leader che decidono di fare altro per un anno, altri che danno una disponibilità più ridotta col passare del tempo, gente che lo fa solo come secondo lavoro, qualcuno che si infortuna e deve stare fuori per un po’… se ti sei fatto una buona nomea nella compagnia (criterio misurabile visti i punteggi di cui sopra), avrai sempre un posto (nei limiti dell’andamento del mercato).
Com’è il tuo capo? Si chiama Main Street ed è un software abbastanza socievole (solo chi lavora in BR capirà). La verità è che non c’è un vero e proprio “capo” a cui sono delegate tutte le facoltà decisionali. Per ogni tipo di attività e di problematica c’è un settore dell’azienda dedicato e tutti convergono in questa piattaforma informatica che ci permette di comunicare e di ricevere i nostri “compiti”. Ad ogni leader viene poi assegnato un mentore che può guidarlo in caso di dubbi e perplessità.
Come ti trovi coi colleghi? “Colleghi”… questa è un’altra delle parole che hanno assunto un significato diverso da quando lavoro qui. Con i colleghi di solito ci passi qualche ora e poi te ne torni a casa, alla tua vita; con i tuoi co-leader la casa la condividi e di solito questo succede in posti poco familiari a entrambi. Oltre alla sistemazione condividi il viaggio, le scelte, le strategie, i momenti stressanti, la nostalgia e le soddisfazioni per aver saputo offrire un’esperienza memorabile. A livello affettivo, tra le persone che fanno questa scelta di vita, si crea un legame che credo somigli molto a quello che si crea tra i militari; più che ad un’azienda, in questo caso, si può pensare ad una community. Prima di fare quest’esperienza mi sentivo un po’ la pecora nera della situazione, con la mia voglia di avventura in una società dove quasi tutti prediligevano sicurezza e stabilità. In questa tribù, invece, mi sento uno come gli altri, ed è una sensazione che poche volte ho sperimentato in passato. Va detto che tra i vantaggi delle pecore nere c’era quello di spiccare, nel bene o nel male, rispetto al resto del gregge… beh, mettiamola così: sentirsi fico a Backroads è decisamente molto più difficile… perché? Perché i miei “colleghi” sono gli individui con i cuori più impavidi, le menti più brillanti e le chiappe più sode che io abbia mai conosciuto.
Beh, ma per fare questo lavoro devi essere come minimo un atleta, no?No. Capiamoci: Backroads è una compagnia in cui il 95% del personale è passato dal campo ed è stato trip leader. Nulla ti salverà dallo sforzo fisico! E non si tratterà solo di fare parecchi chilometri in bici o a piedi, ma talvolta ci sarà da mettere le bici sul tetto del furgone, da caricare e scaricare bagagli, da sollevare pesi e da correre a riprendere qualcuno che si è perso. Sappi solo che non tutti i leader erano atletici prima di Backroads… però una cosa è certa: tutti lo sono diventati durante!

Ma se sei sempre in giro, come fai con gli affetti? Dipende molto da che persona sei e da quali sono le tue priorità, ma mettiamo subito le cose in chiaro: non è facile. Vivere con la valigia in mano è una scelta che, come ogni altra, richiede sacrifici. Personalmente, in questo momento della vita ho sentito che la voglia di vedere il mondo e di fare avventure era più forte di quella di “sistemarmi” (qualunque cosa significhi questa parola). Non è detto che le cose non cambieranno e anche in quel caso la compagnia è preparata: ci sono un sacco di coppie (in alcuni casi addirittura famiglie intere) che lavorano per Backroads ed esistono dei programmi per assicurare un equilibrio tra lavoro e vita privata. Detto questo ripeto il concetto: non è facile. Personalmente, durante l’estate, cerco di richiedere regioni non troppo distanti da casa e utilizzo la libertà tra una stagione e l’altra (si parla di parecchi mesi) per passare il tempo a dedicarmi alle persone e alle cose che amo. Forse non è facile, ma credo che ne valga la pena.
Questi sono lavori che van bene per i ventenni, ma poi come fai? Ho visto contadini zappare i campi a ottant’anni ed effettivamente mi sono chiesto come facessero… ma loro non lo sanno e continuano a zappare.
A parte gli scherzi, mi aspettavo che candidandomi per questo lavoro sarei finito in mezzo a un mucchio di ventenni, un po’ come succede con gli animatori dei villaggi turistici. Invece i giovani sotto i 25 sono molto pochi e la media dell’età dei leader si aggira intorno alla trentina con casi di persone che vanno anche fino alla cinquantina o più. Il perché è presto detto: i nostri ospiti sono in genere persone piuttosto benestanti che hanno posizioni sociali e lavorative elevate; molto spesso si tratta proprio di leader di grosse realtà, abituati a guidare e non certo a essere guidati. Per ottenere la fiducia di persone del genere si deve possedere una grande credibilità e questo, come sappiamo bene, richiede una certa dose di esperienza, qualche chilometro sotto le suole (o sotto le gomme della bici), e qualche anno in più sulle spalle. C’è poi da dire che il leader non è la sola mansione che esiste all’interno della compagnia; ci sono possibilità di accedere a ruoli più manageriali e passare più tempo al computer e meno sulla strada.

È facile diventare un Backroads leader? No, no, no e ancora no! Il processo di selezione e di training è stata l’esperienza professionale più intensa e più memorabile che abbia mai affrontato (e sto contando anche la laurea). Si va incontro a una serie di lezioni, test, esami, degni di un prestigioso campus universitario; a proposito, la percentuale di successo dei candidati si aggira intorno al 9% (Oxford è al 17,5%, tanto per intenderci). Già durante il training si fa i conti con la filosofia della compagnia: ci si fa un gran bel mazzo, ma ci si diverte!
Allora devo essere superman/wonder woman per essere preso/a? No, no, no e ancora no! I criteri di selezione sono molteplici e, sebbene la compagnia sia focalizzata a ricercare l’eccellenza, non è l’essere eccezionale in una cosa specifica che ti aiuterà in questo mondo. Ho visto ciclisti professionisti fallire là dove umili dilettanti hanno avuto successo. C’è una scala di valori a cui la compagnia fa riferimento che puoi trovare qui. In questo senso l’essere mentalmente aperto, gentile e genuino ti servirà molto di più che avere il fisico di un atleta o l’ego di una rockstar.
Quindi farai questo per sempre, o passerai a qualcosa di più serio? Mi fanno una certa tenerezza le persone che ancora usano il “per sempre”. La verità è che viviamo in un mondo che cambia piuttosto alla svelta e bisogna saper adattarsi e magari anticipare questo cambiamento. Per una botta di culo è capitato che, in questo periodo, il viaggio (che è una delle mie più grandi passioni) e il settore del turismo in generale stiano vedendo una crescita vertiginosa. Sebbene avrò sempre gli occhi spalancati come un gufo su tutto quello che questa vita avrà da offrirmi, credo sia stupido non approfittare di questo momento storico. Venendo alla “serietà” del tipo di lavoro che uno svolge: credo che, a meno che non si salvino vite umane, si faccia gli insegnanti, i missionari o ci si adoperi per la pace nel mondo, tutti i lavori possano essere considerati poco seri; è tutta una questione di commercio. Alla fine della fiera siamo tutti produttori e venditori di qualcosa; che si tratti di viaggi, di petrolio, di maniglie, di spazzolini, tutto è relativamente serio. Per come la vedo io, il mondo del lavoro è come un banco su cui vai a vendere la tua merce che è fatta di abilità e tempo. Di solito più alta è la qualità delle prime, più alto è il prezzo del secondo (almeno in linea generale). In questo caso particolare sto vendendo alcune delle abilità migliori che possiedo: amore per la natura e per l’avventura, diplomazia, cultura generale e leadership, per avere in cambio un buon riscontro economico e un ottimo riscontro in termini di stile di vita (non solo le chiappe dei miei colleghi sono diventate sode!). Tutto questo forse non sarà serio ma a me pare molto molto sensato.
Cosa devo fare per diventare un Backroads Leader? Innanzitutto devi farti un paio di domande:
Parli bene l’inglese?
Ti viene naturale cercare di far contente le persone?
Sei un animale sociale/non hai problemi a condividere il tuo spazio e il tuo tempo con altri?
Ti piace viaggiare?
Hai la pazienza di un monaco buddista? No beh dai, sto scherzando!
Dai un’occhiata al sito della compagnia e, se vuoi più informazioni o se hai già deciso di candidarti contattami e potrò illustrarti meglio cosa ti aspetta e, se lo riterrò opportuno, potrò supportare la tua candidatura.
Comunque vada, ci vediamo là fuori!

Ciao! Ho sempre pensato di provare una volta nella vita un lavoro del genere…poi a 37 anni eccomi quà a scriverti. Una descrizione dettagliata la tua, mi farebbe piacere parlarne a tu per tu se ne hai voglia. Magari mi convinco stavolta! Andrea