La sveglia suona che ancora il sole non è sorto. Apro il portellone della Whale e scendo nel freddo della mattina. Uso la torcia per trovare la strada verso il bagno.
Dopo essermi lavato, vado in cucina a preparare la colazione. Uno strano uccello dal piumaggio marrone cammina tranquillo sul pavimento. È simile a una gallina, ma è più snello e ha un lungo becco a punta. Non sembra per nulla disturbato dalla mia presenza e, al contrario, mi segue negli spostamenti. Sembra che il “gallino” (così l’ho ribattezzato) sia attratto dal mio porridge. Mi diverte il modo disinvolto con cui questo strano uccello mi segue. Marika si diverte un po’ meno quando, inconsapevole della sua presenza, si trova l’animale a pochi centimetri dalle caviglie. Ci spostiamo sotto ad una grande tettoia in legno per consumare la nostra colazione mentre i primi raggi del sole iniziano ad illuminare i dintorni. Finiamo velocemente, laviamo le stoviglie e rimettiamo tutto nella Whale. Quando il sole si sarà svegliato del tutto, la temperatura ci metterà davvero poco a diventare insopportabile. Mi metto al volante e lasciamo la Old Macdonalds Farm che non sono ancora le sei del mattino.
Guido fino al parcheggio dell’Abel Tasman National Park che, a dispetto dell’orario, conta già numerose auto. Ci metto un po’ a trovare un posto libero e mi ci infilo. Sistemo la tenda e il sacco a pelo nei lacci dello zaino e carico tutto in spalla. Peserà almeno venti chili… A spaventarmi, ben più della fatica, è il sole che si sta alzando. Tutti quanti mi hanno sconsigliato di marciare durante le ore centrali della giornata, perciò non esitiamo a metterci immediatamente in cammino.
All’inizio del sentiero c’è una mappa. Per quella stessa notte abbiamo prenotato una piazzola a Bark Bay. Riuscire ad incastrare le prenotazioni è davvero un’impresa in questo periodo dell’anno. Sul sito del Department of Conservation i posti disponibili sono pochissimi. Siamo stati fortunati a trovare ancora un buco per la nostra tenda.
Proseguiamo sulla passerella di legno che ci fa attraversare la laguna. Nel frattempo il sole si è alzato e il riflesso dell’alba sull’acqua azzurra è già di per sé uno spettacolo.
Continuiamo su un sentiero in mezzo agli alberi. La via inizia a salire leggermente. Il mare ci resta accanto alla nostra destra.
Di tanto in tanto, le fronde lasciano intravedere la sabbia chiara e l’acqua cristallina delle molte baie disseminate lungo la costa. Più in là, in mezzo al mare, si riesce a vedere qualche isolotto sperduto.
Il percorso è un continuo saliscendi scavato nella parete di roccia che delimita la costa. La via porta all’interno di alcune insenature dominate da una fitta vegetazione tropicale. Di quando in quando, ci si imbatte in piccoli ruscelli che scendono dalla parete e scorrono verso il mare. Anche nelle zone ombreggiate, il sole che si riflette sull’acqua accompagna ogni passo. Gli scorci offerti dalle piante fanno sgranare gli occhi. Lo sguardo incontra il verde del sottobosco prima di illuminarsi del bianco della sabbia, per tuffarsi infine nel blu dell’oceano.
Procediamo a passo spedito per due ore prima che il caldo e il peso dei nostri zaini ci costringano ad una pausa.
Abbiamo molta strada da fare e l’assenza di parti pianeggianti rende il percorso più arduo del previsto.
Arriviamo ad Anchorage dopo circa quattro ore di cammino. All’altezza di Torrent Bay si trova l’estuario del Falls River che sfocia in una baia soggetta alle maree. Qui ci sono due strade. La prima è percorribile solo con la bassa marea e scende verso la spiaggia ad Anchorage per poi attraversare il piccolo golfo lasciato libero dal mare che si ritira. La seconda è più lunga di tre chilometri, ma rimane nel bush sovrastante ed è percorribile anche con l’alta marea.
Non avendo idea degli orari che seguono le maree, decidiamo per la seconda opzione.
Continuiamo nel bush per circa un’ora attraversando un ponte tibetano lungo 47 metri sospeso sopra il Falls River. A questo punto la strada ridiscende verso il mare, sull’altra sponda della baia. L’insenatura è ancora piena d’acqua. Abbiamo fatto la scelta giusta percorrendo il sentiero più lungo.
Il caldo e la fatica ci costringono ad una seconda pausa. Trovo una bocchetta di acqua potabile e ne approfitto per riempire la mia bottiglia. Sono solo le dieci, eppure il caldo ci sta già accorciando il fiato.
Riprendiamo la marcia che ci porta prima in salita attraverso il bush e poi in discesa fino ad un sentiero di sabbia. Sono quasi sconvolto nel vedere delle costruzioni in questo punto del parco naturale. Seguendo la lingua di sabbia, si arriva fin dentro ad un villaggio. Diversi villini e chalet sono adagiati davanti al mare. Mi sorprende che ci siano delle case in un posto tanto remoto, all’interno di una riserva naturale, raggiungibile solo via mare. Penso a quanto sono fortunati i proprietari. Qui la frenesia della città non può certo trovarli!
La spiaggia di Torrent Bay è bianchissima. Un piccolo isolotto spunta a pochi metri oltre la riva. Il mare entra dolcemente nella baia e invita a tuffarsi. Se non fosse che camminiamo da ormai sei ore caricati come muli e che abbiamo ancora almeno altre due ore di cammino, accetterei l’invito senza pensarci.
La nostra marcia riprende su una ripida salita che ci riporta distrutti sopra alla scogliera. A contrastare la meraviglia del panorama ci sono il caldo e la fatica che ormai ci hanno reso insofferenti. Ho la schiena a pezzi e la maglietta inzuppata di sudore. Le gambe sembrano pesare quintali.
Affrontiamo il resto del percorso come due zombie. Ogni movimento è automatico e l’unica motivazione che ci manda avanti è liberarci dalle zavorre per sdraiarci sulla sabbia.
Arriviamo al nostro obiettivo dopo ben otto ore di marcia. È solo a metà pomeriggio che riusciamo finalmente a lasciar cadere i nostri zaini sulla spiaggia di Bark Bay. Il camping è proprio vicino al mare. Ci sono solo dei bagni e una capanna con dei lavandini per pulire le stoviglie.
Mi metto subito a montare la tenda prima che la stanchezza mi esaurisca del tutto. Appena ho finito di allestire il campo, mi getto immediatamente in mare. Riesco a farmi una veloce nuotata prima che la marea si abbassi anche in questo punto. Mi siedo sul bagnasciuga a riposare le gambe che sembrano dure come pietra.
Nell’osservare l’acqua trasparente, noto una piccola figura blu. Immergo la mano e raccolgo una stella marina. Il livello della marea si abbassa facendo sì che il fondale diventi un’enorme distesa di sabbia bianca.
Al calar del sole, Marika ed io ci rintaniamo nella nostra tenda da trenta dollari. La cena prevede barrette ai cereali e pane e Nutella. Non sarà granché per i nostri stomaci, ma la location sazia di certo i nostri occhi.
Alcuni campeggiatori accendono falò nei posti dove è permesso. Rimango steso nella tenda sul mio materassino da yoga, coperto con il sacco a pelo e penso che la mia anima festaiola vorrebbe unirsi a loro. Il mio corpo, però, non è d’accordo e cado in un sonno profondo.
Una fresca brezza scuote la tenda. Apro gli occhi che il sole è già alto. Sono circa le nove del mattino. Mi stupisco di essere riuscito a dormire così tanto e così comodamente visto l’equipaggiamento di fortuna. Il materassino yoga è andato ben oltre le mie aspettative! O, più semplicemente, è stata la massacrante marcia del giorno prima ad avermi reso la nottata tanto confortevole.
Marika non ne vuole sapere di svegliarsi, così alzo lentamente la cerniera della tenda ed esco sulla sabbia. È una bella giornata di sole. Se il cielo non ci fa sorprese, avremo tutto il tempo di goderci il mare. Non abbiamo nessuna fretta. Il programma prevede di passare la mattinata a Bark Bay per poi incamminarci sulla via del ritorno. Stavolta ci accamperemo circa a metà strada. La scelta di percorrere la distanza più lunga il primo giorno per poi indietreggiare ci dà un considerevole vantaggio: possiamo scegliere le baie che ci hanno colpito di più e scendere a visitarle. Mi preparo del porridge con il latte di mandorla che mi sono portato e me lo gusto seduto davanti al mare. Le gambe sono ancora indolenzite, ma mi consolo pensando che, man mano che consumiamo i nostri viveri, gli zaini diventeranno più leggeri. Alla fine anche Marika si riprende dal sonno e viene a raggiungermi. Ci godiamo la vista e i rumori dell’oceano per un po’. Intorno alle dieci iniziamo a smontare la tenda e a rimettere in ordine i nostri zaini. Quando abbiamo finito, ci carichiamo tutto in spalla e ripartiamo.
Ritorniamo sul sentiero che abbiamo maledetto ieri, convinti che oggi sarà poco più che una passeggiata. Risaliamo la scogliera all’interno del bush e ridiscendiamo all’altezza di Torrent Bay. La spiaggia bianca e il mare mi rinnovano l’invito, così lascio a terra lo zaino e mi sdraio sul bagnasciuga. Dobbiamo aspettare che la marea si abbassi per attraversare l’estuario del Torrent River e risparmiare tre chilometri di cammino. Questa spiaggia sembra un posto ideale per attendere. Dopo essermi asciugato al sole caldo del mezzogiorno, mi gusto uno spuntino all’ombra di un albero che spunta dalla sabbia. Insieme a noi, una decina di altre persone aspetta l’abbassarsi della marea come in città si aspetta l’autobus. Quella che il giorno prima ci era apparsa come una laguna di acqua trasparente è diventata, con la bassa marea, un’enorme pianura di sabbia paludosa. Ci togliamo le scarpe e cominciamo a camminarci sopra. Il peso dello zaino, unito a quello del corpo, spinge i miei piedi sotto la superficie di fango. Mi sembra di camminare su di un morbido tappeto umidiccio ripieno di conchiglie e altri detriti. Fa una certa impressione sentirsi solleticare le piante dei piedi da qualcosa di indefinito che si nasconde sotto al fango. Procediamo lentamente in questa distesa incontrando alcune aree disseminate di piccole cozze con le loro conchiglie affilate. Non sembra un percorso molto invitante per i piedi nudi, perciò cerco di girare attorno, ma, in un determinato punto, non posso evitare di camminarci sopra. La sensazione è quella di passeggiare su una miriade di vetri rotti.
Arriviamo all’altra sponda della baia in circa mezz’ora e possiamo finalmente rimetterci le scarpe e tornare sul sentiero. In poche centinaia di metri vediamo una deviazione per Anchorage. La seguiamo camminando tra gli alberi fino a sbucare su di una lunga spiaggia bianca. Questo è un posto perfetto per una nuotata!
Ci cambiamo dietro agli scogli e ci tuffiamo. L’acqua è molto fredda, ma compensa il caldo del primo pomeriggio.
Vorremmo fermarci di più, ma la temperatura dell’acqua è proibitiva. Riprendiamo la nostra marcia a piedi nudi sulla sabbia fino al rifugio di Anchorage.
La struttura consiste in uno chalet di legno che ospita decine di letti a castello e una grande sala da pranzo. Chiediamo indicazioni a un giovane che ci indica un sentiero in mezzo agli alberi. Passiamo per alcuni prati dove diverse squadre di boyscout si sono accampate con le loro tende. Attraversiamo un ponte su un piccolo fiumiciattolo e iniziamo a salire su di una ripida scogliera. Proseguiamo su questa via per circa quaranta minuti arrivando alla punta del litorale che, per quanto pittoresca, non ci offre possibilità di andare oltre. Maledico il ragazzo di poco prima mentre facciamo dietrofront verso Anchorage. Questo errore ci costa quasi due ore di cammino. Torniamo al punto della deviazione che dovevamo seguire. Piuttosto alterati, acceleriamo il passo su di una infinita salita che riporta verso il sentiero principale. Il sole ora è molto forte. Intorno a noi ci sono solo arbusti bassi che non offrono zone d’ombra.
La vista è bella tanto quanto il percorso è terribile.
Marciamo circa un’ora e mezza prima di rincontrare l’ombra degli alberi e una pendenza decente.
Posiamo gli zaini per far rifiatare le spalle. Cerchiamo un po’ di energia nelle barrette di cereali e ci rimettiamo in cammino. Quella di oggi sarebbe dovuta essere una camminata tranquilla… Invece siamo un’altra volta allo stremo delle forze mentre ansimiamo verso il nostro campeggio.
L’Abel Tasman National Park è incantevole come ce lo aspettavamo, ma noi paghiamo molto cara la scelta di non aver usufruito dei water taxi.
Arriviamo alla deviazione per la nostra meta del giorno nel tardo pomeriggio.
Scendiamo lungo un ripido sentierino fino ad una scalinata che collega con la spiaggia di Akersten Bay.
Dopo tanta fatica, troviamo finalmente un po’ di pace!
Sotto agli alberi, a ridosso della sabbia, ci sono poche piazzole di cui solo una è occupata da una tenda. C’è un piccolo bagno e nient’altro che non sia natura. Il posto è veramente tranquillo e il mare è vicinissimo. Monto la tenda, sistemo la mia roba all’interno ed esco sulla spiaggia a fare una camminata.
La baia è piccola, ma incantevole. Le due estremità sono delimitate da ripide scogliere. Una striscia di sabbia ci espone sull’oceano, il che rende il panorama molto ampio. Le onde del mare che arrivano dolci sulla riva danno sollievo ai miei piedi affaticati.
Al mio ritorno trovo Marika che ha fatto conoscenza con le due campeggiatrici olandesi della tenda accanto alla nostra. Le due ragazze si sono servite dell’acqua taxi per aiutarsi nel percorso attraverso l’Abel Tasman National Park. Restano quasi incredule quando raccontiamo il tragitto a cui abbiamo costretto le nostre gambe per risparmiare i quaranta dollari del motoscafo… Il mio “ottimismo escursionistico” mi ha già messo in condizioni come questa in passato e a pagarne il prezzo sono stati i miei piedi e la mia schiena.
All’ora del tramonto la spiaggia è tutta per i pochi presenti. Prendo una coperta e la passo sulle mie spalle e quelle di Marika. Il giorno che lascia il posto alla sera è uno spettacolo che ci ripaga di tutte le fatiche. Una bellissima luce arancione avvolge la sabbia, il cielo e la scogliera.
Ci sistemiamo ad un tavolo di legno al riparo sotto gli alberi. Improvvisiamo un’altra cena di disgustosi wrap che abbiamo farcito con prosciutto e formaggio. Quando abbiamo finito di banchettare con quella che definirei un’offesa alla piadina romagnola, ci buttiamo sulla Nutella avanzata.
Una volta che siamo più o meno sazi, ci laviamo i denti con l’acqua delle bottiglie e ci infiliamo nei sacchi a pelo portando con noi la sabbia, il sale e la selvatichezza di tre giorni di marcia senza potersi fare una doccia.
Il mare è tanto vicino che, per tutta la notte, il suono delle onde culla il nostro sonno.
All’alba esco dalla tenda e ritorno sulla spiaggia per vedere il sorgere del sole.
La luce rosa, i rumori gentili della natura che si sveglia e la marea pacata che si muove ai miei piedi regalano un’atmosfera magnifica nella loro essenzialità. Mi sento un privilegiato ad avere l’opportunità di svegliarmi in un posto del genere. Approfitto della luce per immortalare questo posto bellissimo, dopodiché raggiungo la scogliera e mi siedo su di una roccia a godermi l’arrivo del giorno.
Quando anche Marika si sveglia, facciamo colazione, raccogliamo la nostra roba e prepariamo gli zaini. Ora che abbiamo esaurito tutte le provviste, i nostri fardelli pesano certamente molto meno, ma dobbiamo portare con noi tutti i rifiuti perché così prevede il regolamento della riserva. Non ci sono cestini per la spazzatura nell’Abel Tasman National Park e la bellezza incontaminata di questo luogo non si merita certo le nostre cartacce.
Questa volta il tragitto è molto più breve rispetto al giorno precedente e non potremmo più sbagliare strada nemmeno se lo volessimo (grazie al cielo).
Percorriamo le tre ore di marcia fino a Marahau con assoluta calma. Le nostre gambe sono ancora affaticate per tutti i chilometri degli ultimi giorni. Arriviamo al parcheggio nel pomeriggio e troviamo la Whale completamente coperta della sabbia portata dal vento che spazza queste spiagge. Finalmente possiamo posare gli zaini e riprendere il viaggio sulla nostra balena bianca.
Risaliamo in macchina dicendoci che, certamente, dovevamo organizzare meglio quest’escursione. D’altro canto non c’è dubbio che sia stata una faticaccia, ma l’Abel Tasman National Park si è meritato ogni goccia di sudore. Non credo siano rimasti molti posti accessibili all’uomo così incontaminati e meravigliosi su questo pianeta. Non c’è dubbio che molti di questi luoghi si trovano su quest’isola, proprio sulla rotta del nostro viaggio. E allora avanti tutta!
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